William Trubridge: è (quasi) record.

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In queste ore sta passando su Facebook e sui principali social il video del tentativo di record mondiale di apnea in assetto costante senza pinne da parte di William Trubridge.

Un video costruito bene, intendiamoci, con la giusta suspance, il giusto taglio sull’eccezionalità della prova, sulle capacità inarrivabili di un grande atleta che non è solo protagonista ma vero artefice di questa disciplina, portata oramai ad un livello difficilmente raggiungibile.

William è infatti l’attuale detentore del record, avendo raggiunto prima i -100 metri e poi i -101 metri e del quale conservo gelosamente “un metro” della cavo utilizzato, precisamente il 42simo.

Non è poi solo bravo ma anche un ragazzo disponibile, solare e che un consiglio non lo nega a nessuno.

Tuttavia questa volta non riesco a comprendere il senso del messaggio: una prova terminata con una sincope, con una risalita effettuata con l’aiuto da parte dell’assistenza, ha senso veicolarla per un “quasi successo”?

Dire “per poco più di dieci metri”, ovvero il 10% della profondità raggiunta è come se, nel tentativo di agguantare il record del mondo nei 100 metri piani, uno dicesse…”mannaggia, 11 secondi netti…meno di un secondo…” ma un secondo, come un metro, sono molto di più: sono preparazione, allenamento, rimpianto, fatica, dolore e gioia.

E poi io la penso sempre come Vujadin Boskov: “Gol è quando palla entra”.

Insomma, un record è record quando si rispettano tutte le regole imposte, tanto più quando queste hanno subito nel tempo una “virata” verso il basso pur di accontentare gli sponsor, con prestazioni sempre più al limite e sempre in barba a protocolli e a regolamenti che di “ferreo” ormai hanno ben poco.

Che messaggio lancia oggi? Che si può e si deve tentare sempre? Che non esiste il concetto di “accettazione della sconfitta”, sia pure momentanea?

William non è un atleta qualsiasi, è il punto di riferimento di uno sport, il suo modo di fare e intendere il concetto di apnea ormai non appartiene più soltanto a lui, ma all’intero movimento. I suoi comportamenti infatti, sono presi oramai da esempio da 100, 1.000, 10.000 neo-apneisti.

Ecco, allora vorrei “spendere” due parole su Walid Budiaf, che dopo 3 lunghi mesi di allenamento, preparazione, investimento in termini anche economici, per affrontare il tentativo di primato mondiale nell’immersione libera, ha saputo far tacere la voce dell’ “ego” ed ascoltare quella che diceva “health first”, la salute prima di tutto.

Ora, per William non è successo nulla, domani sarà di nuovo in acqua e sono sicuro che prima della fine del Vertical Blue sarà in grado di confermarsi in questa disciplina come il re indiscusso…però, non parliamo oggi di “quasi record”.

 

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