Ho aspettato qualche giorno prima di scrivere questo post, in parte perché aspettavo buone notizie dalla Grecia sullo stato di salute di Herbert Nitsch, che come molti di voi sapranno, ha avuto un grave incidente durante il suo ultimo tentativo di W.R. nella disciplina del No Limits, dall’altro lato mi sono chiesto più e più volte se era il caso di esternare qualche considerazione che sicuramente non verrà ben accolta da una buona parte della comunità apneistica.
Saltando le particolarità tra la definizione di “World Record” e “miglior prestazione mondiale”, che lasciamo agli esteti che hanno tempo per le meditazioni filosofiche, andiamo a vedere quanto è successo nei giorni scorsi:
la coppia madre-figlio dell’apnea, Natalia Molchanova e Alexey Molchanov, hanno rispettivamente conquistato la prima il record nell’assetto variabile con 127 metri (unico record che le mancava assieme a quello del No Limits) e che si può dire fosse uno “step” esclusivamente mentale per quella che è la più forte atleta di sempre nell’apnea, derivante da un brutto incidente per un malfunzionamento alla slitta in un tuffo di allenamento qualche anno fa, mentre il secondo ha conquistato agilmente i -125 metri di profondità nell’assetto costante.
In passato ho spesso scritto contro la Molchanova per la mancanza di quell’atteggiamento che contraddistingue il vero campione/nessa e prima di essere nuovamente e per l’ennesima volta frainteso, cerco subito di spiegarmi facendo anche un esempio.
Si è infatti campioni non solo nel gesto atletico, ma anche e soprattutto nel contesto in cui ci si muove. Basta prendere genio e sregolatezza in una persona come Balotelli: tanto talento, belle giocate, ma ingestibile, con un comportamento deprecabile talvolta dentro il campo e sempre fuori dal campo. Quale esempio formativo può dare SuperMario? Stessa cosa nell’apnea, Natalia è senza dubbio una campionessa, ma talvolta il suo atteggiamento fin troppo disinvolto con la sincope e la samba ha creato non pochi imbarazzi: come infatti si poteva dire che l’apnea era sicura quando una campionessa risaliva spinta in superficie dai safety o con lunghi black-out con medici e staff in apprensione? Basta ricordare l’ultimo Vertical Blue e l’incaponirsi in maniera testarda per tutto lo svolgimento della competizione con quote (in quei giorni impossibili) per ripiegare su un -101metri che era primato ma che già per lei bruciava di sconfitta. Stesso discorso per Alexey, in passato autore di veri e propri “tuffi al cuore” per tutti coloro che assistevano alle sue performance con alcuni episodi che è meglio neanche citare…sembra oggi invece arrivato ad una maturità sportivo-mentale!
Quella che ha sempre avuto la nostra azzurra Ilaria Bonin, che con il sorriso pre e post performance le ha permesso di conquistare con (presunta) facilità un nuovo record mondiale CMAS nella dinamica con le pinne e il nuovo record italiano (e record CMAS ufficioso) in soli due giorni.
L’assalto al record del “No Limits” di Herbert Nitsch doveva essere invece più che altro un “Check” per quello che non ha mai nascosto essere il suo vero obiettivo: i 1000 feet, ovvero i 300 metri di profondità.
Un primo allenamento a quote più o meno simili si era già svolto lo scorso anno a Santorini, con riscontri positivi sia per Herbert che per l’intera squadra, che su per giù era stata confermata anche per questo tentativo.
Una prima nota stonata l’ho avuta nel leggere il comunicato stampa diramato da AIDA International nella quale si annunciava che il tentativo di primato mondiale si sarebbe fatto al di fuori dell’AIDA per 3 motivi: mancanza della comunicazione di una “scaletta” di avvicinamento o successivo incremento della profondità, questioni legate allo sponsor dei profondimetri ufficiali (e passi…) e infine, un non meglio precisato richiamo alle poche regole che contraddistingue le rules AIDA per la specialità.
Herbert è sempre stato un fautore dell’ufficialità AIDA delle performance…tanto da far approvare anche nei regolamenti della disciplina il suo innovativo sistema di compensazione.
E alla fine ecco l’incidente. Che fin dalle prime voci che mi sono arrivate tramite contatti presenti sul luogo, mi davano come una situazione abbastanza seria e critica.
Stando al comunicato ufficiale, Herbert ha terminato con tranquillità il protocollo di convalida della prestazione, rispettando tutti i parametri pianificati durante l’intero svolgimento della prova, salvo poi, nel momento in cui è passato (come da procedure) a respirare ossigeno puro al 100% all’incirca ad una decina di metri di profondità, (per ridurre il rischio di taravana), è apparso disorientato allo staff di assistenza, anche se respirava correttamente. E sempre stando a quanto scritto, come misura di sicurezza, il team di superficie ha attivato il piano di emergenza: non appena Herbert è emerso, è stato trasferito sulla barca veloce di appoggio ed evacuato al porto più vicino sotto la supervisione di un medico. Nel porto, l’ambulanza che era in stand-by, lo ha trasportato subito all’aeroporto di Santorini, da dove è stato evacuato tramite aereo direttamente all’ospedale della Marina Militare di Atene.
Entro un’ora dall’incidente è stato effettuato il primo trattamento in camera iperbarica per essere poi sedato farmacologicamente per essere sottoposto successivamente ad una secondo e ad un terzo trattamento, prima di dichiararlo fuori pericolo e trasferirlo dalla terapia intensiva dove era stato ricoverato.
Insomma…non proprio un quadro tranquillo come dalla Grecia hanno voluto a tutti i costi sottolineare (ci mancava ancora un po’ e avrebbero dichiarato che Herbert, essendo nella vita di tutti i giorni anche pilota di aerei, avesse personalmente volato da Santorini ad Atene), e peggio che peggio, voler dire a tutto il mondo che i 5 profondimetri hanno registrato la profondità di -244 metri e che nessuno al mondo avrebbe potuto fare quello che ha fatto Herbert scendendo a quelle quote e tornando vivo…(direi giusto per un pelo…).
Ma a questo punto…questa ultima precisazione di un record presunto? Reale? A che pro? Herbert era GIA’ primatista indiscusso della disciplina, tanto che, dalla scomparsa di Patrick Musimu non vi erano più possibili pretendenti, ma anche perché le dimostrazioni di forza, coraggio e determinazione non erano mancate in questi anni.
Forse il buonsenso voleva che si ammettesse un quadro più grave e che si ammettesse che prima di essere super-uomini si è soprattutto uomini, con limiti imposti da un creatore (per i credenti) o dall’evoluzione (per i darwiniani) la cui estrema ricerca di essi, la possibilità di superarli è intrinseca nella natura stessa.
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