La prima immersione in notturna.

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“La Cala”.

milleuno…milledue…milletre…Operatore in superficie” Alla braga l’allievo segue il suo compagno di immersione che ha appena finito il suo giro esplorativo, da lontano si sente un tuffo accompagnato da una voce: “Operatore in acqua…”.

Questa sera fa freddo, è la prima notturna del corso. Siamo in quattro sul nostro piccolo barchino: tre allievi, un istruttore ed io. Come lucciole, le piccole torce ad intermittenza segnalano nella baia la presenza degli altri barchini. Il clima è da neve e la pioggia di oggi era già un misto che non attaccava a terra ma che già cristallizzava nell’aria.

Mentre un allievo scivola nell’acqua, l’altro lo accompagna comunicando con la braga le indicazioni di quello che deve fare, il terzo rema e mentalmente pensa alla sequenza.

L’immersione con la braga non è facile: ad ogni colpo un comando. Un colpo secco…due colpi secchi…uno lungo e due corti…un complesso codice che cambia a seconda che sia l’operatore o la guida a “parlare” tramite il cavo, il tutto per avere, nel mondo del silenzio, una comunicazione. Sia pur “criptica” o essenziale.

Questa sera fa freddo e si sta bene solo ai remi o sott’acqua, dove la differenza termica tra dentro e fuori, senza un punto a favore dell’ingresso in acqua.

Per molti non è la prima notturna, anche se immergersi di notte, da sempre una certa apprensione la crea: avanzare a tentoni disorienta chiunque, affondare le mani nella fanghiglia ancor di più.

A parole si può affermare il contrario, ma nel momento in cui si sta per scivolare a farsi avvolgere dal nero degli abissi, il fiato per un attimo si ferma anche per questo.

Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?” fece dire William Shakespeare ai suoi personaggi in Romeo e Giulietta. E se il suo conterraneo Siebe non fosse stato di quasi 3 secoli dopo, qualcosa avrebbe scritto anche a riguardo del mondo sommerso.

E c’è chi dopo non lo nega, anzi, candidamente ti dice che in fondo in fondo si aspettava quasi di dover “lottare” con il buio e che invece è rimasto sorpreso di aver riconosciuto anche le pinne nobilis. “è stata la mia prima notturna in assoluta. Mi aspettavo di peggio”. Chapeau alla sincerità!

Anche perché tra quelli che negano c’è chi si è “dibattuto” a destra e a sinistra, nell’illusione di tener dritta la rotta. Altri la cui velocità di risalita è stata più veloce di quanto raccomandato.

Ma la prima notturna finisce per tutti. La doccia calda scioglie i muscoli, le tensioni e la parola. La cena è più tarda del solito, ma il momento conviviale annulla per la prima volta nel corso le distanze tra ufficiali e allievi, tra istruttori e allievi, e tra allievi stessi. Si accorciano le differenze, ci si sente più “squadra”, più “famiglia”.

È una tradizione anche questa, che rientra in quella serie di usanze che non si troveranno scritte mai da nessuna parte, ma che immutate da sempre, continueranno ad esistere così come sono.

E così, tra un brindisi e qualche flessione, si scoprono anche nuove leggi della chimica, come il famosissimo “precipitato di mercurio”.

Fra meno di un paio di ore incomincerà la seconda immersione notturna. I monti intorno sono imbiancati, la primavera è quasi a tiro di calendario, ma così non sembra e anche questa notte farà freddo. 

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