Una lunga e lenta espirazione, un ultimo veloce atto respiratorio che mi gonfia il diaframma, i polmoni, la mano lungo il cavo che serra la presa e mi lancio verso l’abisso.
“Come un’automobile, in prima…non serve spingere troppo nei primi metri” come mi ha ripetuto un attimo prima nelle orecchie Marco, dal ritorno dall’ennesimo tuffo di questa giornata che sembra troppo corta, come tutte le altre di questa vacanza.
Giù.
Un altro tiro al cavo.
Ancora uno.
Compenso.
Ancora un tiro al cavo.
Eccomi.
Neutro.
Testa all’ingiù. Non penso alla quota, non penso al tempo. Ed ecco che lentamente scivolo…
“Piano piano tutto scivola verso il fondo. Lasciati andare”. L’ennesimo consiglio di Marco.
Adesso sono a testa in su. Lo sento. Gli occhi sono ancora chiusi.
Il filo di barba del pinzetto fa entrare una bollicina d’acqua. Mi stuzzica il naso. Perdo la concentrazione…provo inutilmente a riprenderla….niente!
Lascio la dimensione interna, finalmente ho capito cosa significa veramente “guardarsi dentro”.
Apro gli occhi. La voglia di risalire veloce…ma ecco un pesce napoleone di medie dimensioni che mi passa accanto. Laggiù un trigone giallognolo a pois azzurri fa capolino dalla sabbia. Un pesce pagliaccio si avvolge un paio di volte lungo il cavo prima di sparire nuovamente.
Sparisce la fame d’aria, rimango a godere della vista…tra i mille colori del mar rosso.
Riemergo.
Un sospiro. Guardo Marco, mi tolgo la maschera e faccio l’ “OK”!
Sorride….io pure! Grande tuffo.
Il tempo?
Ho imparato a non guardarlo più.
Fino a quando stai bene, quello è il tempo dell’apnea.
Marco il mio tempo lo guarda. Mi pare soddisfatto. Io lo sono.
Mi giro a pancia all’aria. Guardo il cielo di Sharm. Un aereo sta per atterrare e io mi godo il mare.
Ripenso a quando stavo per atterrare io, la voglia di spingermi sul cavo, sulla slitta…sorrido a pensare che nel borsone nero ho il lanyard, il tappanaso e gli occhialini fluidgoogle.
Questa settimana ho ridotto le quote, ma ho riscoperto il piacere dell’apnea, quella delle sensazioni, lontana dai forum e dalle tabelle.
Ripenso a quando Umberto “Pelo” Pelizzari mi disse che Mayol lo lasciava intere mattinate in 10 metri d’acqua a provare e riprovare capovolte. Adesso capisco cosa voleva insegnargli.
Marco mi guarda: “Facciamo un ultimo tuffo?”
Non rispondo neanche, mi giro, chiudo gli occhi e riprendo la respirazione.
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