Mi hanno scritto moltissimi amici apneisti per citarmi un articolo uscito su Gazzetta.it riguardo l’apneista belga Patrick Musimu, che riporta un madornale errore sull’immersione con la tecnica della Skandalopetra.
E’ vero, ho controllato ed effettivamente è così, ma non sono io l’autore di quel pezzo!
Dal momento che ne avrei parlato comunque in uno dei prossimi articoli, colgo l’occasione di questo errore per parlarvi correttamente dell’immersione con la Skandalopetra.
Senza dubbio, per noi italiani l’immersione con Skandalopetra più nota è quella di Gheorgios Haggi Statti che il 14 Luglio del 1913 recuperò l’ancora persa dalla nave della Regia Marina Militare Regina Margherita a 83 metri di profondità, realizzando così il primo record “non ufficiale”. Diversi atleti di primo piano hanno reso poi omaggio a questo tipo di immersione, tra cui Umberto Pelizzari che nel settembre del 1998, nella baia di Karpathos, proprio dove Satti recuperò l’ancora della nave, scese a -100 metri con una scandola di 7 chilogrammi indossando solamente il costume ed un tappanaso.
Negli ultimi anni, grazie anche all’infaticabile opera di divulgazione del Dott. Nikolas Trikilis e dei suoi collaboratori, nonché di Alessandro Vergendo di Apnea Evolution l’immersione con la Skandalopetra, ha riscoperto una nuova “giovinezza”, portando alla nascita di una serie di competizioni alle quali hanno partecipato apneisti di livello internazionale tra i quali Herbert Nitsch, Karoline Meyer, Davide Carrera.
Ma cos’è la Skandalopetra?
Innanzitutto è un metodo di pesca semplice e antichissimo, creato dai pescatori dell’arcipelago greco per recuperare le spugne dal fondo e che se ne trova traccia nella letteratura fin dai tempi di Alessandro Magno e che scomparve solamente negli anni ‘60 con l’avvento della nuova tecnologia (bombole, narghilè).
La Petra è una pietra in marmo o granito dal peso variabile, compreso tra gli 8 ed i 14 Kg e vincolata al’imbarcazione appoggio da una cordicella e che ha numerosi vantaggi dal punto di vista della sicurezza: in una immersione simile non sei mai da solo, serve infatti un compagno per dare e tirare la cima con la pietra, il colauzeris, (l’assistente in barca), la cima, ogni cinque o dieci metri è poi sempre segnata, così da conoscere in ogni istante la profondità, e una volta giunti sul fondo, con due-tre strattoni decisi, ci si può far ritirare in superficie, appoggiandosi comodamente con i piedi sulla “petra”.
A differenza di altre popolazioni di pescatori, gli spungarioti greci non conoscevano le tecniche compensatorie, e praticavano quindi una tecnica detta “xemixiasma”, un metodo crudele e molto doloroso che portava alla perforazione timpanica e cospargevano poi l’interno dell’orecchio con una mistura di olii e cere in modo da rendere impossibile la rimarginazione della membrana.
La tecnica di immersione è molto semplice, può essere facilmente “guidata” inclinandola leggermente, decidendo quindi dove “atterrare” e inoltre, possiamo regolarne la velocità: tenendola con le mani poste sul bordo esterno, la velocità sarà bassa, con le mani a metà velocità media, mentre, tendendola per il bordo posteriore, si scenderà molto velocemente.
Poiché a differenza dei pescatori greci i nostri timpani sono perfettamente integri, diventa utile utilizzare un tappanaso al posto della maschera, la visione sarà pressoché ridotta a zero, ma eviterete di dover fare strani contorsioni per portare la mano alla maschera senza perdere l’allineamento di discesa.
Per chi volesse partecipare alle competizioni greche, ecco il calendario 2011:
20-24 luglio Kalymnos.
26-28 agosto, 3° Campionato Greco si Skandalopetra, Porto Koufo, Chalcidika.
Ultimi giorni dell’anno a Florianopolis, Brasile.
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