Che fosse Adel Abu Haliqa l’apneista scomparso in mare a Santorini martedì scorso era una supposizione che mi accompagnava fin dal primo comunicato stampa giuntomi da AIDA International.
Avevo scritto di Adel in occasione del Vertical Blue del 2009 e da allora ne avevo seguito un po’ le avventure soprattutto perché era responsabile della nascente AIDA Nazionale degli Emirati Arabi Uniti e si dedicava attivamente alla diffusione dell’apnea in quel Paese con il motto: “tutti possono fare apnea”.
Adel era a Santorini per allenarsi in vista del mondiale AIDA di Settembre ed aveva in programma nelle prossime settimane anche un tuffo in tandem con Patrick Musimu che si era detto disponibile di scendere con lui alla tripla cifra: 100 metri tondi tondi. Un tuffo che purtroppo non ci sarà mai…
La dinamica tutt’ora non è perfettamente chiara, resta come dato oggettivo che non era legato alla slitta rendendo quindi inutile il sistema di sicurezza del contrappeso.
Inevitabile diventa in questi casi una pausa di riflessione su quanto è successo, rammaricandoci che tale riflessione debba sempre giungere dopo un incidente, come è sempre avvenuto fino ad ora, partendo da Audrey Mestre, di cui l’anno prossimo decorre il decennale della scomparsa, passando per Loic Leferme e tutti gli altri incidenti seri che sono avvenuti negli ultimi anni, senza scordare l’incidente avvenuto pochi mesi fa in Svizzera durante una manifestazione “Under Ice”.
Prima un salto di un paio di metri per un apneista era una difficile conquista (basti vedere come sia stata lunga la rincorsa ai -100 metri e come invece il salto dai -100 ai -200 sia stato breve)! Ma negli ultimi anni, grazie a nuove tecniche compensative, ad un più facile accesso allo scambio di informazioni, sia per il crescente numero di corsi e stage ma anche di video, forum e siti dedicati, passando per attrezzature sempre più performanti, nonché un sensibile abbattimento del costo delle slitte, ora accessibili a tutti, le profondità appaiono nettamente più alla portata per chiunque!
È un po’ quello che sostiene anche Patrick Musimu che in queste ore ha deciso di raggiungere i famigliari di Adel a Santorini.
Sembra banale, ma non è pericolosa l’apnea in sé ma il modo in cui si decide di farla! La sottovalutazione dei rischi, non ottemperare la catena della sicurezza, fa si che un banale incidente possa trasformarsi in qualcosa di ben più grave!
Due anni fa, il canadese e pluriprimatista William Winram era scivolato dalla slitta in fase di risalita dalla quota di -110 metri, il cavetto d’acciaio, che ricordiamo che AIDA ha un preciso capitolo del proprio regolamento a tale riguardo, fu provvidenziale! Il dolore al polso fu atroce, ma permise a William di riguadagnare la superficie!
Una buona abitudine che ogni istruttore deve incominciare ad avere con i propri allievi: permette infatti di operare anche su fondali in cui la profondità sia superiore alla quota operativa e inoltre, riduce anche la possibilità che qualcuno decida, una volta sul fondo, di allontanarsi per una “esplorazione” nei dintorni.
Contemporaneamente qualunque sistema si decida di utilizzare, da “Lulu” messo appunto dallo staff di Apnea Academy Competition, al tradizionale sistema del contrappeso, bisogna essere ridondanti, mai sottovalutare un ceck dell’attrezzatura e piuttosto rinunciare se le condizioni di visibilità, corrente, meteo non siano ottimali!
Non è un vero campione chi sfida gli abissi sempre e comunque ma chi, con coraggio, decide talvolta di rinunciare. Bisogna infatti sempre ricordare che è il Mare che ci lascia vincere la sfida con le sue profondità.
Se abbiamo deciso di pubblicare questo post, è perché la famiglia ne ha dato il consenso.