Ci arrivano da Bruxelles degli aggiornamenti sull’incidente mortale avvenuto martedì scorso presso la struttura Nemo33.
A fornirceli, assieme ad una serie di ipotesi e parte di uno sfogo, è un nostro amico, Giampiero Genovese, (nella foto) istruttore di apnea (AA) e artefice con Eric Petit (istruttore AA) e con il noto foto sub Frederic Buyle proprio dell’apertura di Nemo33 agli apneisti, un lavoro di constante pressing durato 5 anni e vanificato in un attimo da questo assurdo incidente, la struttura ha infatti deciso di sospendere immediatamente e sino a tempo indeterminato l’apertura della struttura agli apneisti, tornando ad ospitare solo i bombolari.
"…la vittima lavorava da anni alla NEMO ed era caposcuola degli istruttori di immersione con bombole. Non era formato come apneista sportivo e probabilmente aveva sottostimato i rischi ai quali ci si sottopone quando si pratica questa disciplina seppur bellissima e magica”. Ci scrive Giampiero Genovese, che continua:“Nei corsi di apnea tenuti da professionisti del settore le regole di sicurezza sono centrali nell'insegnamento ed i veri incidenti ad apneisti formati in questa disciplina sono rarissimi e quando avvengono sono purtroppo dettati come anche in questo caso da un eccesso di confidenza in se stessi.
Ecco i due errori fondamentali che ha prima vista sono stati commessi dalla vittima: praticare esercizi di apnea da solo senza sorveglianza (su questo vi é totale certezza); non aver tenuto conto del tempo di immersione in apnea e probabilmente di un adeguato recupero tra un apnea e l'altra (queste sono comunque solo supposizioni).
In pratica la vittima é incorsa in una sincope da ipossia in risalita (in genere avviene entro gli ultimi 10 metri) e non essendoci nessuno a soccorrerlo é ricaduto sul fondo.
Come posso affermare questo lo spiego dopo.
Tornando all'incidente sembra che siano passati 15 minuti prima che altri colleghi si siano accorti, vedendo uno zaino sul bordo della piscina, che c'era qualcosa che non andava. Quando sono intervenuti la vittima era sul fondo e altro tempo é passato per recuperarla. A nulla sono valsi i tentativi di rianimazione anche con defibrillatore. La vittima riportava fuoruscita di sangue dalle orecchie e gli occhi disorbitati sintomo di una caduta sul fondo in stato di incoscienza (scendendo bisogna compensare i timpani e la maschera dall'aumento di pressione idrostatica).
Questo fa pensare ad una perdita di coscienza in superficie (appunto detta sincope) con conseguente ricaduta sul fondo.
Come é possibile che risalendo dal fondo, se si tratta di una sincope entro i dieci metri zona in cui ogni bravo apneista sa che deve essere positivo per rimanere a galla, sia invece ricaduto?
Forse é rimasto per un "momento" in superficie fino a apertura glottide e conseguente annegamento (ritorniamo al problema che era solo!!), oppure era negativo di suo (praticava a polmoni vuoti?).
Fatto sta che l'acqua della nemo é a bassissimo contenuto di minerali, acqua fresca di sorgiva per intenderci, e questo rende più difficile il galleggiamento. Alla Nemo si pratica senza muta per mantenere l'acqua incontaminata e la temperatura può raggiungere i 33 gradi, cosa che facilita la vasodilatazione.
Un contesto che a maggior ragione richiede sorveglianza durante la pratica dell'apnea perché aumentano i rischi di incidente.
Per noi (istruttori) appassionati della "buona apnea" non é certo semplice spiegare che se la persona fosse stata formata forse, dico forse perché l'individuo con le sue scelte rimane il primo responsabile di se stesso, l'incidente non sarebbe accaduto e che l'apnea sportiva rimane una disciplina eccellente per sviluppare fisicamente e mentalmente la persona".