SUB? SOB… di Fiamma Satta.

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Con Fiamma Satta, la più che nota giornalista, un paio di mesi fa avevamo scritto un post a “quattro mani” sulla paura per questo blog e nell’occasione mi aveva confidato che qualche anno fa era anche lei un’appassionata delle immersioni con le bombole, ma che c’era stato tuttavia un episodio un po’ spiacevole per il quale aveva deciso di rinunciare ad esplorare nuovamente gli abissi. Malgrado tutto ne avrebbe parlato volentieri, proprio per affrontare, così come si era fatto per la “paura”, anche un altro “mostro” che divora gli uomini: “il panico”.
Ed ecco che da quella promessa è nato questo post condiviso tra i due blog…
Ringraziando ancora Fiamma per la sua gentilezza…invece che augurarvi il classico “buon blu” vi auguro “buona lettura”…

SUB? SOB….di Fiamma Satta.

sattaMi piaceva da morire andare sott’acqua con le bombole. 

Immergermi in un’altra dimensione silenziosa, calarmi in quel silenzio, osservare un altro mondo vivere, procedere piano piano, senza fretta, senza gravità, con pensieri diversi e diversi pensieri… Era bellissimo.

Poi ho deciso di smettere. Da un giorno all’altro…

Peccato, perché mi sono privata di un grande desiderio: guardare in tutta tranquillità nuotare uno squalo. In tutta tranquillità. Mia e sua.

(qui sotto, un video trovato in rete che avrei voluto fare io. Sopra, un autoscatto cretino davanti al computer)

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=4biC7YA6wtU[/youtube]

Molti anni fa, un piccolo episodio capitato sott’acqua mi ha fatto capire tante cose e altre mi sarebbero state chiare successivamente.

Un episodio assolutamente insignificante per un sub esperto, ma grave per me che esperta non ero. 

Mi trovavo a Palmarola con il mio compagno di allora, e nessuno dei due aveva fatto un corso da sub. Lui era un poco più esperto di me, o almeno così mi sembrava, e questo mi bastava per sentirmi tranquilla …

Eravamo a una profondità modestissima, circa 20 metri, forse qualcuno in più. Ci scambiavamo il boccaglio per una semplice esercitazione. Per tre quattro volte ho dato e ricevuto il boccaglio, senza problemi. Poi, improvvisamente mi sono distratta. Forse per guardare passare un pesce con gli occhiali… Chissà.

Così, quando lui mi ha passato il boccaglio, invece di espirare, ho inspirato e la bocca mi si è riempita d’acqua. In una frazione di microsecondo ho guardato in alto: una distanza siderale mi separava dalla superficie. O almeno a me era sembrata siderale, in quel momento…

PANICO!

Ricordo di aver pensato: “Se non vuoi morire ingoia l’acqua!”
Così, ho ingoiato una gran quantità di acqua salata, ma quando sono risalita sulla barca ho giurato a me stessa che non sarei più andata sott’acqua con le bombole.
In quella circostanza, ho capito che in una situazione di panico non sarei stata in grado di aiutare nessuno e, a malapena, me stessa. Troppo pericoloso. 
Così ho smesso di andare sott’acqua che, tra l’altro, non è un’attività che si può improvvisare. Bisogna fare un corso di addestramento.

Qualche anno dopo, nel 1993, quando mi è stata diagnosticata Sua Molestia ecco il panico. Di entità, natura e forma diversa, ovviamente, da quello provato durante l’immersione a Palmarola, ma sempre di lui si trattava. 

PANICO!

Non sono riuscita ad aiutare chi mi stava accanto, a rassicurarlo. E lui era impaurito quanto me, forse di più. Ho pensato solo al brutto carico sulle mie spalle. Troppo pesante. Troppo sconosciuto. Troppo invadente. Troppo.

Così, mi sono “aiutata” da sola in ogni modo possibile, il lavoro per esempio.

Più Sua Molestia “procedeva” più mi caricavo di lavoro illudendomi di sconfiggerla così.
E non ho fatto l’unica cosa che andava fatta: farmici aiutare da uno psicoterapeuta nell’ardua impresa dell’accettazione della malattia.

Se mi fossi fatta aiutare sarei stata in grado di aiutare anche chi mi stava accanto. Impaurito.

Racconto questo non per gusto dell’aneddotica personale, ma per far capire come nelle situazioni di panico causate dall’irrompere di una grave malattia, bisogna farsi aiutare. A maggior ragione in caso di una grave malattia cronica invalidante, progressiva di cui poco si conosce e di cui tutto ci spaventa.
Non siamo onnipotenti, siamo esseri umani.

PS. Comunque, gli squali si possono guardare (e fotografare) anche senza bisogno di andare sott’acqua… (qui sotto una mia bella foto, scattata alle Maldive nel 2000)

satta 01

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